giovedì 1 marzo 2012

Il viaggio di Lucio

La nostra Vita è il viaggio più misterioso ed affascinante che possiamo intraprendere: lo iniziamo e lo terminiamo involontariamente ed inconsapevoli di ciò che ci aspetta, ogni volta che passiamo da Lì a Qui e da Qui a Lì. 
Nel Qui proviamo ad orientarci, a volte annaspiamo, a volte ci adattiamo, a volte ci incattiviamo, ma ci sono esseri speciali che per la loro straordinaria capacità di imparare a vivere osservando gli altri, fanno delle loro vite dei capolavori e generosamente condividono la loro sapienza ed il loro talento con gli "sperduti".
Lucio era una di queste creature speciali. Perchè tanto speciale? Bhè, io ho scoperto solo oggi che, pur non possedendo nessun suo disco in vinile, nè audiocassetta, nè cd, conosco un infinito numero di sue canzoni, capolavori che si sono fatti spazio nella mia vita senza clamore e con costanza. Si sono affacciati con discrezione nella mia infanzia, attraverso la voce di mia madre che cantava i primi successi mentre faceva bagno e capelli ad una bimba ancora quieta e docile; poi si sono intrufolate in una serata tra amici e chitarre o come sottofondo di una delle prime serate dolci ed inaspettate in spiaggia, come colonna sonora di un film o come compagnìa durante un viaggio turbolento...hanno preso il loro posto, semplicemente e "silenziosamente", nella mia esistenza distratta...ed hanno preteso l' "indimenticabilità".
Mille canzoni (forse anche di più): nessuna uguale alla precedente, con una musicalità sempre originale e simile a nessun'altra. Lucio Dalla non era un semplice cantante: nessuno oggi ha osato definirlo così e neppure cantautore. Tutti unanimemente hanno parlato di un MUSICISTA: dal greco antico, strettamente, un artista delle Muse. Conoscendo quant'erano raffinati i Greci quando si parlava di arte, sono certa che Lucio rappresentasse al meglio il significato che il popolo ellenico attribuiva al termine: un mix perfetto di sensibilità, cultura e cuore, la cui bellezza non poteva che abbagliare non solo e non tanto gli occhi, quanto più le anime degli "sperduti".
Ha saputo cantare l'Amore senza mai essere banale e squallidamente sdolcinato; ha saputo cantare della Vita, trasmettendo sempre sensazioni legate all'allegria, alla felicità ed alla speranza; ha saputo cantare della Solitudine degli ultimi, rendendoli meno aspri alle nostre coscienze "tanto delicate"; ha saputo cantare di Figli, pur non avendone avuti di propri ed ha saputo cantare della "Vita di là"... ci ha cantato tanto e spesso degli Angeli.
Non poteva riuscirci con tanta sapienza se non una persona che, con una costante osservazione delle vite degli altri, aveva fatto di esse ispirazione della propria e al contempo, componendole assieme, un Inno alla Vita.
Il suo viaggio terreno è terminato. Quello nelle nostre anime non credo terminerà più.
E allora, Caro Amico, usando semplicemente i titoli di alcune tue canzoni mi viene da dirti: "Chissa se lo sai, Lucio, che il Cielo e l'Ultima Luna ti aspettano: hanno bisogno di un nuovo Angelo, puoi sostituire il "fossi" con "sono" ed ora Balla, Ballerino, Balla di Felicità."

mercoledì 23 novembre 2011

Il primo viaggio: fantasia ad Oriente

Netsuke
Ciao a tutti!
Oggi vorrei fare con voi un viaggio quantomai astratto ed affascinante: voglio portarvi nello sconosciuto mondo dei Netsuke.
Vi capiterà spesso, se salirete su questo vascello etereo con me, di ritrovarvi catapultati dall'altra parte del mondo. Adoro l'Oriente e tutto ciò che vi è legato: la sua storia, i suoi riti, il suo cibo, le sue filosofie religiose. E dunque tra un sushi, una seduta di Reiki ed un tanka cerco di approfondirne la conoscenza, nell'attesa che si presenti un'occasione per andarci realmente.
Torniamo ai Netsuke. Cosa sono? Ecco, la foto che ho postato è abbastanza esemplificativa: si tratta  di piccole sculture in avorio o in legno, le cui origini affondano nei tempi lontanissimi del Giappone medievale. Non più grandi di una scatola di fiammiferi e raffiguranti divinità, animali, piante e personaggi di ogni tipo, di solito erano forate in due punti per permettere il passaggio di un cordoncino in seta per mezzo del quale potevano assolvere il loro compito: ovvero fare da contrappeso ai piccoli contenitori (es. porta monete, porta spezie, porta tabacco etc.) attaccati all'altro estremo della corda, appesa a sua volta alla cintura del kimono, per evitare che questi contenitori scivolassero via. Il loro iniziale uso, dunque, era pratico: i kimono erano privi di tasche e questa era una soluzione, anche ornamentale, al problema.
Bhè, non immaginereste mai che un'intera Europa ottocentesca perse la testa per queste miniature o bijoux-joujoux lilliputiens, come le chiamava la ricca borghesia parigina.Una passione simbolo di uno status per degli oggetti che, avvolti in quadratini di seta, attraversavano interi oceani e continenti per arrivare a far bella mostra di sé nei salotti europei. E' quanto racconta Edmund de Waal nel suo libro "Un'eredità di avorio e ambra" (Bollati Boringhieri), in cui una preziosissima collezione di netsuke nasconde un intreccio familiare affascinante come la capacità dell'autore di descrivere minuziosamente passaggi storici e personaggi.
E' una bellissima narrazione: si viaggia avanti ed indietro nel tempo; si parte dal Giappone per arrivare a Parigi e riapprodare a Tokyo. Immaginare i babelici mercati mediorientali, i trafficati porti da cui salpavano navi cariche di stoffe pregiate, lacche e netsuke, le casse colme di queste ricche mercanzie trascinate nei sontuosi palazzi parigini è cosa semplice, poiché il testo guida con facilità la fantasia del lettore.
Un viaggio letterario che lascia appagati e dischiusi a lontane mete.

domenica 20 novembre 2011

Il primo biglietto

Benvenuti a tutti!
Anche a me, che per la prima volta decido di fare qualcosa di estremamente diverso dal solito: non subire passivamente tutto ciò che viaggia nell'immenso web, ma scegliere, condividere e partecipare al flusso di idee, notizie ed emozioni.
Perchè "Viaggi di sola andata"? Perchè tutti abbiamo pensato, almeno una volta nella vita, magari proprio all'inizio di un viaggio, che sarebbe stato bello se proprio quel viaggio avesse potuto essere senza ritorno: forse ogni giorno ci ripetiamo che prima o poi troveremo il coraggio, che per cambiare la nostra vita l'unica cosa da fare è andar via, ma non per fuggire dagli altri o da noi stessi (come qualcuno immagino che subito obietterà) ... semplicemente per "cambiare aria", per cercare dinamiche e contesti diversi, per accogliere nuove sfide, per dimostrare a noi stessi che siamo pronti a tutto e capaci di affrontare tutto.
Purtroppo, però, non sempre abbiamo facoltà, endogene ed esogene, per realizzare i nostri desideri: le zavorre sono tante e di varia natura.
E allora?Cosa resta da fare? Arrendersi? Bhè, questa è una parola che nel mio vocabolario, cari amici, non esiste: sono un Ariete e per definizione preferisco rompermi la testa sbattendo più e più volte contro l'impossibile piuttosto che arrendermi! 
Si può viaggiare in mille altri modi e far sì che quei viaggi siano anche senza ritorno: si possono intraprendere mille nuove strade, che possano affascinare i nostri sensi in maniera diversa...viaggi spirituali, viaggi di sapori, viaggi di autoricerca, o più semplicemente, come ci ha detto Marcel Proust, ci si può impegnare affinchè "il vero viaggio di scoperta non consista nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi."
Lo scopo del mio blog vuole proprio essere questo: una nuova finestra sul mondo che, assieme alle altre, ma diversamente dalle altre, vi dia spunti per viaggi che abbiano origini insolite e conclusioni inaspettate, perchè come ha scritto Giorgio Faletti, "talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile, piuttosto che non partire mai".
;)